domenica 22 gennaio 2012

Mercati di Traiano - Il vello d'oro

Oggi ho visitato i Mercati di Traiano, museo dedicato all'area dei fori imperiali che ospita in questi giorni una temporanea dedicata ai tesori della Georgia ("Il vello d'oro"). 
I Mercati di Traiano offrono uno spazio piuttosto ampio, dove il pianoterra si articola in diverse stanze, ognuna delle quali dedicate a un antico foro. Nelle prime stanze si può assistere alla proiezione di un filmato che documenta sui fori, come si presentavano nell'epoca romana e come sono diventati durante il Medioevo. 



Si può uscire dallo spazio coperto -che è esso stesso complesso architettonico- per passeggiare lungo l'antica via Biberatica e ammirare il panorama dei fori dal terrazzo. 


Al secondo piano, un'altra serie di stanze è dedicata ai templi di Marte ultore (nel foro d'Augusto) e Venere genitrice (nel foro di Cesare). 
Sempre al secondo piano, la mostra sul Vello d'oro. 
Qui un pannello ci ricorda che in Georgia sono stati trovati i più antichi ominidi euroasiatici, risalenti a 1,8 milioni di anni fa. Probabile culla della vinificazione, la Georgia vive nel mito greco grazie alla figura di Medea e alla leggenda del Vello d'oro. Quest'area era nota infatti fin dall'antichità come regione ricca d'oro, e il ricordo ne viene celebrato nel mito del Vello, che già gli antichi comunque interpretavano variamente, per esempio Strabone (I secolo a.C.) riferisce che un modo per estrarre l'oro è quello di utilizzare pelli di ariete che trattengono i frammenti di questo metallo presenti nei torrenti e ne attribuisce  l'uso agli abitanti della Colchide (Georgia occidentale)
Il museo georgiano di Tbilisi ha fornito gli oggetti in mostra, che vanno per lo più dal III millennio al III secolo d.C. Già dal IV millennio in Georgia era praticata l'arte della metallurgia, perciò la mostra raccoglie oggetti di bronzo e d'oro che a volte mostrano l'influenza del vicino Oriente, ma per lo più mantengono caratteristiche peculiari della cultura d'origine.
Ecco la bellissima collana Trialeti, risalente alla prima metà del II millennio a.C. e che difficilmente si può ammirare fuori dal museo d'origine. In oro, agata e corniola.


La collana proviene da un kurgan, una tomba a tumulo della cultura Trialeti, cultura preistorica della Georgia, vissuta intorno al II millennio a.C. Un filmato ci informa della caratteristica di questo sito archeologico, normalmente ricoperto dall'acqua e che solo in primavera, quando l'acqua si ritira, è possibile aprire. Il kurgan ha struttura circolare ed è coperto,  può essere lungo anche 160 metri (nel filmato lo si paragona alle Piramidi) e vi si accede mediante un lungo e stretto corridoio. Sono tombe per i nobili e al loro interno sono stati trovati anche carri e resti di buoi, oltre agli oggetti e ai vestiti. Ma non sono stati trovati resti umani, perciò si ipotizza la cremazione per i cadaveri. Sono presenti geroglifici non ancora tradotti sulle pietre del kurgan, nonché tracce di influenze sumere nelle scene qui raffigurate. 
Ecco un'altra collana risalente alla metà del III millennio, una coppia di anelli da tempia a spirale, sempre da Trialeti e un terminale d'asta rituale.



La seconda sezione mostra gli oggetti in bronzo relativi al culto di una divinità solare, femminile. Dischi solari, segno della svastica, statuette di animali e collane, oggetti del II-I millennio.






Una sezione è dedicata ai reperti del sito di Vani, I millennio. 
Ecco i pezzi che mi sono piaciuti di più, tutti da Vani, IV secolo a.C.
Collana con pendenti a uccello, Diadema con pendenti da tempia e Fermaglio per acconciatura. 


Collana con pendenti lunati e Pendenti da tempia in oro decorati a filigrana e granulazione. 


Collana con pendenti a  tartaruga e Collana con pendenti a pannocchia (Vani, V secolo a.C.).


Collana con pendenti a forma di rana e Coppia di pendenti da tempia (Akhalgori, IV secolo a.C.)

Ancora Vani, I secolo a.C.
Lucerna con eroti; Incensiere con teste di elefanti.


L'ultima sezione è dedicata agli ori del regno di Kartli (Iberia), I-III secolo d.C., dall'originale stile policromo che poi sarà importato in Europa dai goti, sarmati e merovingi. 

Collana con medaglione e fiaschetta, II secolo d.C.



Bracciale (IV secolo d.C.). Oro, almandino, malachite e lapislazzuli. 


Chiudo questo viaggio, che mi ha trasportato in un mondo lontano e affascinante, con un'immagine della Medea di Pasolini. 

sabato 7 gennaio 2012

Palazzo Venezia e Chiostro del Bramante

Ieri ho visitato Palazzo Venezia, dove è in corso una temporanea su Roma al tempo di Caravaggio 1600-1630
Il Palazzo ha una collezione permanente, comprendente una pinacoteca e una collezione di ceramiche (sia occidentali che orientali), sculture e bronzetti. C'è anche un'antica portantina di manifattura napoletana.  Questo è ciò che era possibile visitare ieri, altre sale non erano accessibili. Della pinacoteca, ciò che più mi è rimasto impresso è il Doppio Ritratto di Giorgione e il frammento di un affresco di Beato Angelico.  


La mostra temporanea è molto interessante: comincia con una sala in cui vengono messe a confronto la Madonna del Loreto di Caravaggio e quella di Annibale Carracci; si tratta delle due correnti dominanti, quella del classicismo e quella del realismo che nulla cerca di idealizzare. Caravaggio e Carracci muoiono nel 1609 e nel 1610. I loro epigoni, nel trentennio focalizzato dalla mostra, seguiranno ora l'uno, ora l'altro, riuscendo talvolta a declinare in senso più personale la corrente di appartenenza. Tra le due, alla fine prevarrà il classicismo. Ecco le due Madonne del Loreto a confronto.


La scena venne quindi dominata da una parte dagli allievi della bottega del Carracci, classicisti bolognesi trasferiti a Roma per via della forza d'attrazione esercitata dalla città, dall'altra dai seguaci di Caravaggio, che non tenne mai una bottega organizzata. Da un lato quindi Guido Reni, Domenichino, Ciampelli, Baglione, il Cavalier d'Arpino e altri artisti. Dall'altra, Orazio Gentileschi, Orazio Borgianni, Carlo Saraceni, Rubens. Anche Artemisia Gentileschi è qui rappresentata, assieme alle opere del padre, con Susanna e i Vecchioni e la Madonna col bambino.


Orazio Gentileschi: Madonna col bambino e San Michele e il diavolo.


Carlo Saraceni: Santa Cecilia e l'angelo e Battistello Caracciolo, Cupido dormiente.


 O. Borgianni: Compianto sul Cristo morto e G. Baglione, S.Giovanni Battista.


La stagione caravaggesca conosce una grande fioritura nella seconda decade del '600, grazie al "metodo" di Bartolomeo Manfredi, che riprende e dialoga con i modelli del maestro. 
Bartolomeo Manfredi, Bacco e un bevitore.


Tutto questo è solo un assaggio di ciò che si può trovare in questa esposizione che comprende 140 tele. Sono presenti anche Gerrit von Honthorst, detto "Gerardo delle notti", Ribera, Vouet, Valentin, Regnier, come rappresentanti degli artisti stranieri che lavorarono a Roma nel primo Seicento. La mostra chiude con un'opera dell'ultimo caravaggesco rimasto a Roma, Allegoria d'Italia del francese Valentin. Last but not least, l'esposizione comprende anche il Sant'Agostino recentemente attribuito a Caravaggio e ancora controverso. 

Al Chiostro del Bramante è invece allestita una mostra sugli Orientalisti, ossia quei pittori dell'Ottocento che subirono il fascino dell'Oriente e ne proposero temi e suggestioni attraverso le loro tele, anche ispirati dalle parole di Flaubert o De Amicis (Marocco) qui fedelmente riportate. La mostra si compone di diverse sale, ciascuna dominata da un tema. 
Deserto. La prima sala raccoglie tele di Stefano Ussi, Roberto Guastalla, Alberto Pasini, Edoardo Monteforte, Domenico Morelli, tutte dominate dalla visione di deserti e carovane. 
Stefano Ussi, Beduini a cavallo e Roberto Guastalla, Carovana in sosta nel deserto

 

Bellissima La preghiera di Maometto di Domenico Morelli. 


Città. Stavolta sono immagini dedicate a Costantinopoli o Il Cairo a dominare, mentre in sottofondo si ascoltano motivi orientali, quasi bisbigliati. 
Cesare Biseo, La cittadella del Cairo e Roberto Guastalla, Ad Alkazara.


Incontri. Stefano Ussi, Donna alla fontana. Domenico Morelli, La sultana che torna dal bagno


Altre sale sono dedicate alla figura della donna e dell'odalisca in particolare.
Vincenzo Marinelli, Il ballo dell'ape nell'harem e Francesco Netti, Le ricamatrici levantine.


Hayez, Un'odalisca alla finestra di un harem e Odalisca.


Francesco Netti: Odalisca e La siesta.


Scene all'orientale.
Gaetano Previati: Fumatrici di oppio e Giulio Viotti: Idillio a Tebe.


Eugenio Zampighi: Scena araba e Augusto Valli: Semiramide morente sulla tomba di Nino.


Molte altre tele sono presenti in questa suggestiva esposizione. Usciti dalla mostra, da non perdere l'affresco delle Sibille di Raffaello! Bisogna entrare nella caffetteria per vederlo: c'è una sala da the, in un angolo della quale si può ammirare da una finestra l'affresco. Un audiovisivo lì appositamente allestito spiega l'opera: le  4 Sibille ricevono il messaggio evangelico dagli angeli. A ognuna di loro viene assegnata una parte di verità: Cristo si incarnerà sulla Terra, verrà crocifisso e resusciterà.