Ieri e oggi: le due giornate FAI da me tanto agognate.
Tra le possibilità offerte, ho scelto per prima la visita al Palazzo del Quirinale; mi sono quindi recata nell'omonima piazza Sabato 26. In questo giorno era possibile l'ingresso solo ai soci FAI, nonostante ciò era presente una certa folla. Avendo raggiunto il luogo verso le tre, ho dovuto fare una fila di mezz'ora, ma gli addetti hanno sostenuto che durante la mattina la fila era durata mediamente anche un'ora. Ho scelto di andarci Sabato perché ricordavo bene che l'anno precedente nel giorno del doppio ingresso (soci e non soci FAI) si era raggiunto il delirio, con file lunghissime.
Tempo mezz'ora, e siamo dentro: ci accoglie la guida, la quale ci informa circa il percorso da svolgere. Potremo visitare stanze generalmente non accessibili al pubblico: il Quirinale infatti è normalmente aperto alle visite, ma relativamente a un altro percorso. Vedremo perciò le sale delle Dame, della Vittoria, della Pace, della Musica, la Biblioteca del Piffetti, il salottino Napoleonico, la sala degli Arazzi di Lille e la sala del Bronzino.
Entriamo dopo che la guida ci ha spiegato l'architettura e la storia del palazzo, che "trae origine dalla Palazzina Gregoriana, disegnata e costruita dall'architetto bolognese Ottaviano Nonni, detto il Mascarino, per papa Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585). Nei decenni successivi i pontefici si adoperarono per ampliare questa prima residenza: l'aggiunta di tre nuovi corpi di fabbrica articolati intorno all'ampio Cortile d'Onore trasformò la Palazzina Gregoriana in un grande palazzo la cui facciata principale prospetta sulla Piazza del Quirinale, mentre il lato opposto affaccia sui giardini" (dall'informativa a cura di Patrizia Sfligiotti che ci viene consegnata a mano).
Percorriamo la bellissima scala elicoidale del Mascarino, dai bellissimi effetti chiaroscurali.
Entriamo quindi nella Loggia d'Onore, che un tempo era aperta e quindi più soleggiata perché ancora non c'erano le finestre aggiunte posteriormente, ma anche così è piena di luce. Molto bella la decorazione sul soffitto, opera di Ernesto Ballarini.
Proseguiamo nella Sala del Bronzino: è una stanza molto grande, che la guida ci dice essere nota anche come "Sala Oscura" perché non aveva finestre verso l'esterno e la luce proveniva appunto dalla Loggia. Ernesto Ballarini e Alessandro Palombi sono gli autori delle pitture decorative del soffitto. La sala reca traccia del passaggio di Hitler (sono presenti busti scolpiti di personaggi romani). Viene detta "del Bronzino" perché tutt'intorno alla stanza fanno mostra di sé degli splendidi arazzi del Cinquecento, alcuni dei quali ispirati ai disegni del Bronzino. Gli arazzi narrano la storia di Giuseppe venduto dai fratelli.
Entriamo nella Sala degli arazzi di Lille adesso, così chiamata dai cinque arazzi tessuti a Lille nel Settecento. La guida focalizza la nostra attenzione sul camino, realizzato da Carlo Albacini, ma dice anche che i camini nel palazzo del Quirinale generalmente non sono collocabili originariamente nelle sale in cui si trovano adesso. In questa sala era collocata la stanza da letto della regina Margherita.
Ecco il salottino napoleonico che, come leggiamo dal sito ufficiale del palazzo del Quirinale, risale appunto "al periodo napoleonico, quando un ampio vano fu diviso in due stanze, oggi Biblioteca del Piffetti e Salottino. Quest’ultimo fu adibito a “Cabinet de toilette” di Napoleone, la cui stanza da letto era stata allestita nell’ambiente contiguo, l’odierna Sala degli Arazzi di Lille. Risale a questo allestimento l'articolata decorazione della volta, con temi mitologici di vestizione e armamento e cinque tele di Pelagio Palagi con episodi dell’Iliade e dell’Eneide, allusivi all’avvento di Napoleone.(...) Con l’insediamento dei Savoia l’ambiente divenne “Sala da bagno e della Toletta” della regina Margherita". E' proprio la volta e i suoi colori vivaci che attira la mia attenzione, più dei tre arazzi che illustrano la storia di Don Chisciotte, due dei quali -dice la guida- provengono da botteghe di artigiani napoletani che nell'utilizzo del tessuto hanno puntato sul risparmio.
E adesso giungiamo a quello che dal mio punto di vista è il "pezzo forte": la libreria del Piffetti, mirabile ebanista piemontese, che realizzò questo studiolo a Torino, da cui fu trasferito a Roma per volere di Umberto I. E' impressionante la ricchezza di intarsi e decorazioni in avorio. Sono presenti due consoles, che offrono allo spettatore lo spettacolo di "lastre di tartaruga e avorio inciso che simulano fogli e carte abbandonati sul piano e recano in basso ghirlande di fiori intagliate e dorate (...) La finzione è completata dalla presenza di strumenti sulla mensola: una squadra in bronzo, un compasso e un temperino" (dal sito ufficiale). Veramente una cosa che sembra uscita dalle favole.
Entriamo ora nella Sala della Musica, detta così per la presenza di una spinetta. Dopo aver visto la biblioteca del Piffetti appare un ambiente spoglio, che si segnala comunque per l'opera di Pelagio Pelagi "Giulio Cesare detta i commentarii" posta sul soffitto. Cesare ricorda nelle fattezze Napoleone.
Ora è la volta della Sala della Pace, dalle tematiche qui svolte. Di questa sala mi piace soffermarmi sul fregio in stucco che viaggia tutto attorno all'ambiente, di un allievo del Canova: una serie di Fame alate incoronano uomini illustri.
La Sala della Vittoria anche è caratterizzata da un fregio similare, ma stavolta è l'orologio astronomico che attira la mia attenzione. Tutti splendidi sono gli orologi visti finora, ma questo è particolare: indica la posizione della Terra rispetto al Sole e alle costellazioni dello zodiaco.
La Sala delle Dame: anche qui un fregio spettacolare, opera del Thorvaldsen, raffigurante i Trionfi di Alessandro Magno, che alludono metaforicamente ai successi di Napoleone. Nel pavimento di marmo è presente un mosaico dedicato a Cerere, ma la guida dice che in precedenza era presente una raffigurazione dedicata al Ratto di Ganimede, argomento che il papa, Gregorio XVI, trovava poco indicato. La sala prende il nome dai ritratti delle tre mogli di Carlo Emanuele III di Savoia che -come rivela la guida- furono destinate tutte ad avere una vita breve.
Sala delle Api, dalle api presenti sull'affresco della volta (simbolo dei Barberini). Qui la guida fa notare i colori vivissimi dell'arazzo Gobelins, parigino, di fine Settecento.
La visita è finita... il tempo di ripercorrere la scala del Mascarino, e siamo fuori dalla struttura.
Bellissimo, ma l'impressione è che avremmo dovuto rimanerci molto di più per gustare appieno tutta la ricchezza e le testimonianze del passaggio dei secoli e della Storia che si sovrappongono in quelle stanze.
Non essendo stato possibile fare foto, rimando qui per le immagini al sito del Quirinale, dove è possibile anche visitare virtualmente le stanze qui ripercorse e le molte altre che qui non sono presenti.
Sulla strada del ritorno, vedo Palazzo delle Esposizioni e, dal momento che ho l'ingresso libero, avendo acquistato un pacchetto apposito, ne approfitto per visitare la mostra di Aleksandr Deineka, definito il "maestro sovietico della modernità" dalla brochure, che ricorda al lettore come questa mostra rappresenti "la prima grande presentazione monografica fuori dalla Russia del più importante e noto pittore realista dell'Unione Sovietica".
Ossessiva è la rappresentazione della forza fisica e della vitalità rappresentata dallo sport in questo autore, che spesso raffigura corpi in movimento, che si allenano, che corrono in vasti spazi liberamente o in gare di staffetta. Calciatori, portieri. Ma anche contadini in paesaggi rurali, bagnanti. Di questa parte della sua produzione mi è piaciuto il settore dedicato alla grafica (si occupava di pittura ma ha spaziato anche nella grafica, nella scultura), dove le rappresentazioni della figura umana sono rapide, sicure, precise e potenti. Comunicano velocemente l'idea. Ci sono belle soluzioni riprodotte in parte nell'allestimento.
Il settore della mostra che mi è piaciuto di più è probabilmente la raccolta delle sue opere realizzate all'estero, durante i suoi viaggi, dove sperimenta un nuovo uso del colore, più spregiudicato. Grandi aree di colori accesi che costringono chi guarda a esplorare, catturati magneticamente dalla tela. Le disoccupate a Berlino, la Modella, la Parigina, La Notte.
Intimamente belli anche La madre e i bambini che saranno futuri piloti, ma per il momento sognano con il naso per aria.
E non poteva mancare la guerra. La difesa di Pietrogrado, la celebrazione del Socialismo.
Ma è L'asso abbattuto il mio preferito: un ragazzo che cade dall'aereo, prossimo alla morte: è un tedesco o un russo? Non si sa, questa è la guerra: morte per vincitori e vinti.
Il giorno successivo è la volta dell'ex-sede dell'UIC, Ufficio Italiano dei Cambi, ora proprietà della Banca d'Italia. E' un edificio sito in via delle Quattro Fontane 123, risalente agli anni Cinquanta e progettato dallo studio di architettura "3P" (Paniconi, Passarelli e Pediconi). Pochissima fila all'entrata, breve anche il giro. La guida, molto preparata, illustra la storia dell'edificio, ma certo bisogna essere meglio ferrati della sottoscritta in architettura moderna per cogliere appieno tutti i suoi rimandi.
Nell'atrio è presente un monumentale fregio scultoreo di Arturo Dazzi, ventesimo secolo, portato qui a causa della mutata sede originaria. Rappresenta, come una Madonna, l'allegoria della Banca d'Italia che al posto del Bambino tiene tra le braccia un forziere. Attorno a lei figure lavorano faticosamente per portare la loro ricchezza alla donna. Il fregio è stato nuovamente valorizzato in questo ambiente così profondamente diverso da quello originario.
Tra gli ambienti di rappresentanza del secondo piano ci viene presentata la sala del Consiglio di Amministrazione dell'UIC, caratterizzata da elementi curvilinei veramente interessanti, come il grande tavolo di forma ellittica. La stanza ospita anche tre quadri di De Chirico, raffiguranti paesaggi, ruderi e cavalieri.
Mi dirigo adesso verso Villa Torlonia, dove mi aspetta la casa di Pirandello.
Stavolta la fila c'è: mezz'ora e oltrepassiamo il cancello. Come dice l'informativa, "lo studio dello scrittore, oggi sede dell'Istituto di Studi Pirandelliani, ha sede in un villino liberty costruito intorno al 1910. In questa casa Pirandello vive dal 1913 al 18 e successivamente tra il 33 e il 36, occupando l'ultimo piano. Questa è stata la sua ultima dimora, qui ha ricevuto la notizia del conferimento del Premio Nobel."
Veniamo accolti da alcuni studenti liceali, "apprendisti ciceroni", che ci illustrano quello che vedremo una volta entrati: la piccola stanza da letto in cui Pirandello è morto e il suo studio. Gli ambienti conservano ancora l'arredo originale; nella camera da letto è presente la Divisa della Reale Accademia d'Italia, i cappelli, il bastone, fotografie di Marta Abba -attrice e musa di Pirandello-, un crocefisso appeso su disposizione dello scrittore, anche se era agnostico.
Lo studio, al contrario della camera da letto, è un ambiente molto vasto. E' facile immaginare lo scrittore ricevere i suoi ospiti e farli accomodare in poltrona. Sono qui presenti il Premio Nobel, quadri, foto, un portasigari regalato da D'Annunzio (con su scritto Memento audere semper), la macchina da scrivere portatile, duemila volumi a lui appartenuti. Nonostante la folla, la confusione di un giorno come quello di oggi, è difficile non essere coinvolti dall'atmosfera della casa.
Segnalo qui il sito dello studio, dove è presente anche un filmato.
Sarebbe finita qui, se non mi saltasse in mente di fare un giro a Villa Torlonia...qui noto che è l'ultimo giorno per poter visitare una mostra intitolata "In nome della rosa", dedicata alle rose e in generale alla natura nelle vetrate di stile liberty.
Sulla strada del ritorno, vedo Palazzo delle Esposizioni e, dal momento che ho l'ingresso libero, avendo acquistato un pacchetto apposito, ne approfitto per visitare la mostra di Aleksandr Deineka, definito il "maestro sovietico della modernità" dalla brochure, che ricorda al lettore come questa mostra rappresenti "la prima grande presentazione monografica fuori dalla Russia del più importante e noto pittore realista dell'Unione Sovietica".
Ossessiva è la rappresentazione della forza fisica e della vitalità rappresentata dallo sport in questo autore, che spesso raffigura corpi in movimento, che si allenano, che corrono in vasti spazi liberamente o in gare di staffetta. Calciatori, portieri. Ma anche contadini in paesaggi rurali, bagnanti. Di questa parte della sua produzione mi è piaciuto il settore dedicato alla grafica (si occupava di pittura ma ha spaziato anche nella grafica, nella scultura), dove le rappresentazioni della figura umana sono rapide, sicure, precise e potenti. Comunicano velocemente l'idea. Ci sono belle soluzioni riprodotte in parte nell'allestimento.
Il settore della mostra che mi è piaciuto di più è probabilmente la raccolta delle sue opere realizzate all'estero, durante i suoi viaggi, dove sperimenta un nuovo uso del colore, più spregiudicato. Grandi aree di colori accesi che costringono chi guarda a esplorare, catturati magneticamente dalla tela. Le disoccupate a Berlino, la Modella, la Parigina, La Notte.
Intimamente belli anche La madre e i bambini che saranno futuri piloti, ma per il momento sognano con il naso per aria.
E non poteva mancare la guerra. La difesa di Pietrogrado, la celebrazione del Socialismo.
Ma è L'asso abbattuto il mio preferito: un ragazzo che cade dall'aereo, prossimo alla morte: è un tedesco o un russo? Non si sa, questa è la guerra: morte per vincitori e vinti.
Il giorno successivo è la volta dell'ex-sede dell'UIC, Ufficio Italiano dei Cambi, ora proprietà della Banca d'Italia. E' un edificio sito in via delle Quattro Fontane 123, risalente agli anni Cinquanta e progettato dallo studio di architettura "3P" (Paniconi, Passarelli e Pediconi). Pochissima fila all'entrata, breve anche il giro. La guida, molto preparata, illustra la storia dell'edificio, ma certo bisogna essere meglio ferrati della sottoscritta in architettura moderna per cogliere appieno tutti i suoi rimandi.
Nell'atrio è presente un monumentale fregio scultoreo di Arturo Dazzi, ventesimo secolo, portato qui a causa della mutata sede originaria. Rappresenta, come una Madonna, l'allegoria della Banca d'Italia che al posto del Bambino tiene tra le braccia un forziere. Attorno a lei figure lavorano faticosamente per portare la loro ricchezza alla donna. Il fregio è stato nuovamente valorizzato in questo ambiente così profondamente diverso da quello originario.
Tra gli ambienti di rappresentanza del secondo piano ci viene presentata la sala del Consiglio di Amministrazione dell'UIC, caratterizzata da elementi curvilinei veramente interessanti, come il grande tavolo di forma ellittica. La stanza ospita anche tre quadri di De Chirico, raffiguranti paesaggi, ruderi e cavalieri.
Mi dirigo adesso verso Villa Torlonia, dove mi aspetta la casa di Pirandello.
Stavolta la fila c'è: mezz'ora e oltrepassiamo il cancello. Come dice l'informativa, "lo studio dello scrittore, oggi sede dell'Istituto di Studi Pirandelliani, ha sede in un villino liberty costruito intorno al 1910. In questa casa Pirandello vive dal 1913 al 18 e successivamente tra il 33 e il 36, occupando l'ultimo piano. Questa è stata la sua ultima dimora, qui ha ricevuto la notizia del conferimento del Premio Nobel."
Veniamo accolti da alcuni studenti liceali, "apprendisti ciceroni", che ci illustrano quello che vedremo una volta entrati: la piccola stanza da letto in cui Pirandello è morto e il suo studio. Gli ambienti conservano ancora l'arredo originale; nella camera da letto è presente la Divisa della Reale Accademia d'Italia, i cappelli, il bastone, fotografie di Marta Abba -attrice e musa di Pirandello-, un crocefisso appeso su disposizione dello scrittore, anche se era agnostico.
Lo studio, al contrario della camera da letto, è un ambiente molto vasto. E' facile immaginare lo scrittore ricevere i suoi ospiti e farli accomodare in poltrona. Sono qui presenti il Premio Nobel, quadri, foto, un portasigari regalato da D'Annunzio (con su scritto Memento audere semper), la macchina da scrivere portatile, duemila volumi a lui appartenuti. Nonostante la folla, la confusione di un giorno come quello di oggi, è difficile non essere coinvolti dall'atmosfera della casa.
Segnalo qui il sito dello studio, dove è presente anche un filmato.
Sarebbe finita qui, se non mi saltasse in mente di fare un giro a Villa Torlonia...qui noto che è l'ultimo giorno per poter visitare una mostra intitolata "In nome della rosa", dedicata alle rose e in generale alla natura nelle vetrate di stile liberty.
Lo voglio pure io lo studiolo del Piffetti *_* Ma queste cose non sono aperte sempre... solo per le giornate FAI eh...
RispondiEliminaIl Quirinale è aperto normalmente ma non per quel giro, per altre stanze comunque bellissime.
RispondiEliminaLo studio di Pirandello è normalmente aperto al pubblico mentre il palazzo ex-UIC no, ma il fregio lo puoi vedere anche dall'esterno. Insomma il pezzo da novanta quest'anno era il Quirinale.
Se vai nel sito ufficiale puoi fare la visita virtuale degli ambienti, c'è pure lo studio del Piffetti!
qualcuno sa dirmi in quale giorni e in quale ore è aperto il palazzo di pirandello ad agrigento??? è da l'anno scorso ke vorrei visitarlo...spero in una vostra risp
RispondiEliminagrazie in anticapo Ale